Parità di genere?.... forse tra 123 anni!
19-07-2025 10:28 - Le nostre news
Ogni anno, dal 2006, il World Economic Forum misura il divario tra uomini e donne in quattro ambiti fondamentali: economia, istruzione, salute e politica. Il Gender Gap Report 2025 ci racconta che a livello globale si è raggiunto il 68,8% della parità complessiva, il miglior risultato da quando è scoppiata la pandemia. Ma il dato non basta per tirare un sospiro di sollievo: se si continua con questo ritmo, la piena uguaglianza tra uomini e donne sarà realtà solo tra 123 anni.
I Paesi nordici continuano a guidare la classifica: Islanda, Finlandia e Norvegia occupano stabilmente le prime posizioni, con l’Islanda che da ben 16 anni si conferma la nazione più vicina alla parità, superando la soglia del 90%. L’Italia, invece, pur guadagnando due posizioni rispetto allo scorso anno, si piazza all’85esimo posto su 148 Paesi. Una posizione che fotografa un Paese ancora profondamente sbilanciato.
I principali miglioramenti globali riguardano la politica e l’economia, due ambiti in cui il divario resta però tra i più ampi. L'Italia proprio sul fronte economico, perde terreno: scende dal 111esimo al 117esimo posto. La partecipazione femminile alla forza lavoro è bassa, così come la presenza di donne ai vertici aziendali o in posizioni decisionali. I dati più preoccupanti riguardano la parità salariale, dove il nostro Paese è al 114esimo posto, e il salario stimato, che ci colloca al 104esimo.
Ciò che rende ancora più amaro il quadro è che le donne italiane studiano di più, raggiungono risultati scolastici e universitari eccellenti ma tutto questo impegno non si traduce in un adeguato riconoscimento economico. Secondo l’ultima indagine Istat, le donne più istruite guadagnano in media il 16,6% in meno dei loro colleghi uomini. Un dato che smentisce il messaggio che continuiamo a ripetere alle giovani: “Studia, ce la farai”.
Nel 2024 l’Italia ha superato la Grecia e ha raggiunto il triste primato del più alto divario occupazionale di genere in tutta l’Unione europea: gli uomini tra i 20 e i 64 anni lavorano il 19,4% in più rispetto alle donne. Un valore quasi doppio rispetto alla media europea. È un dato praticamente fermo da un anno.
Alla radice di tutto questo ci sono ancora gli stessi, vecchi ostacoli. Gli stereotipi culturali che legano le donne al lavoro domestico e di cura. La mancanza di servizi adeguati per l’infanzia. Il carico familiare che pesa quasi esclusivamente sulle spalle femminili. Le madri, in particolare, sono le più penalizzate: meno occupate, più part-time, più escluse.
Tra il 2009 e il 2024, in Italia il divario si è ridotto di appena 3,3 punti percentuali. Troppo poco per poter parlare di un vero cambiamento.
Parlare di parità non basta. Servono politiche concrete, servizi reali, un cambiamento culturale profondo. Finché non sarà chiaro che l’uguaglianza è un valore da praticare e non un obiettivo da rimandare, continueremo a contare gli anni che ci separano da un futuro che dovrebbe essere già presente.
I Paesi nordici continuano a guidare la classifica: Islanda, Finlandia e Norvegia occupano stabilmente le prime posizioni, con l’Islanda che da ben 16 anni si conferma la nazione più vicina alla parità, superando la soglia del 90%. L’Italia, invece, pur guadagnando due posizioni rispetto allo scorso anno, si piazza all’85esimo posto su 148 Paesi. Una posizione che fotografa un Paese ancora profondamente sbilanciato.
I principali miglioramenti globali riguardano la politica e l’economia, due ambiti in cui il divario resta però tra i più ampi. L'Italia proprio sul fronte economico, perde terreno: scende dal 111esimo al 117esimo posto. La partecipazione femminile alla forza lavoro è bassa, così come la presenza di donne ai vertici aziendali o in posizioni decisionali. I dati più preoccupanti riguardano la parità salariale, dove il nostro Paese è al 114esimo posto, e il salario stimato, che ci colloca al 104esimo.
Ciò che rende ancora più amaro il quadro è che le donne italiane studiano di più, raggiungono risultati scolastici e universitari eccellenti ma tutto questo impegno non si traduce in un adeguato riconoscimento economico. Secondo l’ultima indagine Istat, le donne più istruite guadagnano in media il 16,6% in meno dei loro colleghi uomini. Un dato che smentisce il messaggio che continuiamo a ripetere alle giovani: “Studia, ce la farai”.
Nel 2024 l’Italia ha superato la Grecia e ha raggiunto il triste primato del più alto divario occupazionale di genere in tutta l’Unione europea: gli uomini tra i 20 e i 64 anni lavorano il 19,4% in più rispetto alle donne. Un valore quasi doppio rispetto alla media europea. È un dato praticamente fermo da un anno.
Alla radice di tutto questo ci sono ancora gli stessi, vecchi ostacoli. Gli stereotipi culturali che legano le donne al lavoro domestico e di cura. La mancanza di servizi adeguati per l’infanzia. Il carico familiare che pesa quasi esclusivamente sulle spalle femminili. Le madri, in particolare, sono le più penalizzate: meno occupate, più part-time, più escluse.
Tra il 2009 e il 2024, in Italia il divario si è ridotto di appena 3,3 punti percentuali. Troppo poco per poter parlare di un vero cambiamento.
Parlare di parità non basta. Servono politiche concrete, servizi reali, un cambiamento culturale profondo. Finché non sarà chiaro che l’uguaglianza è un valore da praticare e non un obiettivo da rimandare, continueremo a contare gli anni che ci separano da un futuro che dovrebbe essere già presente.